venerdì 25 settembre 2020

IL PRIMO DISCORSO DI KIPPUR NELLA NUOVA SINAGOGA DI LIVORNO (1962) - RAV A.S.TOAFF,zl

 Il primo Kippur celebrato nella nuova Sinagoga di Livorno è quello dell'anno ebraico 5723 : in quell'occasione venne stampato il testo del discorso del Rabbino Capo Alfredo Shabbetai Toaff,zl.

Normativa ebraica e ritualità livornese (in particolare in relazione alla benedizione sacerdotale), incontrano "cronaca" e storia ebraica locale.







lunedì 14 settembre 2020

La Yeshivà Marini, oggi anche sede del Museo Ebraico di Livorno

 


L'unico luogo di culto e studio ebraico salvatosi dai bombardamenti che drammaticamente colpirono Livorno negli ultimi anni dell'ultima guerra mondiale, come noto a tanti ,è la “Yeshivà Marini”, anche conosciuta come “Oratorio Marini”, oggi pure sede del Museo Ebraico di Livorno e sita in via Micali 21 ( per visitarlo contattare Amaranta Servizi).


In alcune schede che riguardano il luogo si legge che la palazzina neoclassica , sede del museo inaugurato nel 1992, venne “ adattata ad accogliere il luogo di culto nel 1867 “, mentre in altre la data viene portata al 1843.


Immergendosi nella stampa ebraica di quei tempi, però , ci si imbatte ad esempio nel necrologio che il Rabbino Giuseppe Cammeo, zl , livornese che poi ebbe incarichi in altre Comunità comprese Modena e Vercelli, dedica al Rabbino David Ottolenghi, zl , ( “Il Vessillo Israelitico”, anno 1887) , ricordando tra l'altro i “50 anni di ufficiature volontarie “ da questi compiute “presso l'Oratorio Marini”, informandoci quindi che già ben prima delle date in genere indicate, forse con diversa denominazione, quello era un luogo di culto.


Il Rabbino Ottolenghi tanto era affezionato all'allora Yeshivà di periferia, essendo tutte le altre vicine allo storico Tempio Maggiore, che volle, come annota Cammeo, esservi portato prima del funerale.


L'importanza di via Micali per l'ebraismo livornese è altresì attestata da Umberto Nahon,zl, mancato nel 1968 in Israele e “uomo ponte” con l'Italia , il quale in un suo saggio ("Il Tempio di Livorno in un secolo e mezzo di iconografia") , descrivendo la Livorno ebraica nella quale aveva vissuto prima della guerra, annota : "Ancora ai miei tempi, ricordo in Via Reale, all'angolo di Via Cairoli...la Jeshivà del Rosso e in via Reale n.7, proprio in faccia al Tempio,le jeshivot di Croccolo e del Popolo (fuse),in via Serristori la jeshivà di Nunes Franco,ove andavamo a uscita di sabato,in via Dietro Scuola, la jeshivà di Villareal,sotto al Tempio,la jeshivà di Baalè Teshuvà.Nei quartieri nuovi ricordo solo la Jeshivà di Marini,ove andavamo il pomeriggio di Rosh Hashanà per il Tashlich".


Al pozzo di via Micali è infatti tradizione effettuare la cerimonia citata , nel pomeriggio del primo giorno del Capodanno Ebraico (il secondo se il precedente fosse di sabato) , nella quale si auspica che vengano “gettati” simbolicamente i peccati commessi dalle persone.


Nel 1938, a rendere ulteriormente importante il luogo, il complesso di via Micali ospiterà, esperienza straordinaria dettata dalla drammaticità delle cosiddette “legge razziali”, la scuola che la Comunità costituirà per ospitare gli studenti ebrei espulsi dalla scuola pubblica a seguito della legislazione razzista emanata dal fascismo.


Anche nel pieno della guerra, dell'occupazione nazista e del primo dopoguerra, via Micali sarà centrale, ospitando ebrei che dovettero lasciare la “zona nera” che era stata creata in città e poi profughi ebrei , scampati anch'essi alla Shoà, in transito verso nuove destinazioni e in seguito, oltre al Museo, ospiterà anche la scuola infantile intitolata a Rav A.S.Toaff,zl.


Ma chi era Giacomo Yakov Marini che ha dato il nome alla Yeshiva?


Prezioso è ancora Rav Cammeo che, nell'aprile 1882 (“Il Vessillo Israelitico”) , dedica un necrologio-biografia a Marini, nel suo stile sincero, assai rispettoso ma schietto nel non eludere i fatti.

Il 14 marzo u.s. la morte che niuno risparmia , ci rapiva una cara esistenza,nella persona del signor Giacomo Marini”, scrive Cammeo che poi prosegue : “ Questo gentilhomo, onestissimo Cassiere della Confraternita MOAR ABETULOT (maritar donzelle) si unì in matrimonio con una cristiana , dalla quale ebbe un figlio che per ragioni di famiglia, o per altri motivi che qui non vogliamo indagare, entrò nel grembo della Chiesa Cattolica. Il povero Marini provò per questo fatto un acerbo dolore al cuore , che non gli venne mai meno in tutta la sua lunga esistenza! Il Marini però era religioso di convinzione, era l'amico del povero e dell'afflitto. Fondò a sue spese un bellissimo oratorio che tutt'ora conserva il suo nome, per quanto sia stato ceduto alla Confraternita MALBIS HARUMIM (“vestire gli ignudi” . Ndr). Era l'amico del povero , e chi scrive sa con certezza che l'indigente israelita non si rivolgeva mai invano al banco del Marini”.

Vero e proprio Rabbino-giornalista (molte le sue corrispondenze anche di cronaca rintracciabili sulla stampa ebraica del tempo) , Cammeo si avvia poi a chiudere il necrologio dando riconoscimento al figlio di Marini di aver voluto rigorosamente rispettare , per i funerali del padre, le regole ebraiche :

E per essere sempre più sicuro che tutto procedesse regolarmente incaricò (il figlio del Marini- ndr) l'eccellentissimo rab. cav. Israele Costa , ed il signor farmacista Samuel Castelli, onde vigilassero alla direzione delle funebri cerimonie. Venne fatta anche una distribuzione di pane ai poveri israeliti”, chiosando infine : “Queste cose ho voluto far noto pubblicamente, per far rilevare come i figli bennati, educati, sappiano rispettare l'opinione dei loro genitori sia pur contraria alla propria”.


Della generosità di Giacomo Marini è testimone anche l'acrostico allegato a queste note e che ho rinvenuto tra le carte di mio padre, Rav Bruno Ghereshon Polacco,zl.

Sicuramente molto ancora vi è da portare alla luce circa la storia di via Micali ma, altrettanto sicuramente, già quanto sappiamo rafforza sempre più l'importanza di questo luogo che, tra la fine della seconda guerra mondiale sino al 1962, con l'inaugurazione della nuova Sinagoga, ospitò l'unico luogo di preghiera per l'ebraismo livornese.

Ecco perchè conservarne le tradizioni, la conoscenza della storia e l'uso, sono ancor più importanti, per parafrasare Cammeo, dobbiamo rispetto a questa storia come dei figli ai propri genitori.


Gadi Polacco



P.S. Queste note sono un cantiere aperto. Chi avesse annotazioni, notizie, ricordi, documenti è ringraziato sin da ora per la messa a disposizione di questo materiale.