In Italia la prima "Festa dell'albero" ebbe luogo nel 1898 ,per iniziativa del Ministro della Pubblica Istruzione,lo statista Guido Baccelli.
Ad un osservatore e cronista come il Maestro livornese Rav Giuseppe Cammeo, la celebrazione non poteva non dare l'estro per un suo intervento,ospitato da “Il Vessillo Israelitico” del dicembre 1899.
“Io....Ministro di Religione,ricordo modestamente agl'Israeliti che una festa poco dissimile per concetto da cui era ispirata,abbia noi pure da molti secoli ed è quella che ricorre quest'anno il 15 Gennaio 1900 (15 Scevat 5660). Ho nominato Rosh ascianà lailanod”.
Segue un forte invito a rafforzare la pratica ebraica della ricorrenza ed il suo legame con “la Terra Promessa”.
L'intervento del Rav Cammeo, però, ci offre anche un resoconto di come Rosh Hashanà Lailanot (anche nota come Capodanno degli alberi, TuBishvat e “Chamisciocioli” ) veniva celebrata nella Comunità di Livorno di allora.
Scrive infatti l'estensore nella sua nota (la sua carriera rabbinica si svolse essenzialmente fuori Livorno) : “Io ricordo ancora con compiacenza quando giovinetto assistevo ogni anno in Livorno mia patria alla celebrazione di questa festa fatta con molta pompa, in una sala splendidamente illuminata, quasi come fosse un giorno festivo, ed in mezzo ad essa una tavola imbandita con molto gusto e proprietà,sulla quale si trovavano bene disposte molte qualità di frutta. Tutti i presenti seduti intorno a quella tavola, dopo aver cantato il Mahariv (o Arvit nella Livorno di allora Arbit, ovvero la preghiera serale – NDR) , come si canta nelle feste solenni ( questa è una nota di vero e proprio minagh, rito. NDR) , assaggiavano tutte le specie di frutta cioè quelle prodotte dalla terra e quelle dall'albero, per poter dire le due benedizioni Borè perì aadamà e Borè perì ahèz , e poiché non tutte quelle specie si trovano in questi mesi freddi per buona parte dell'Italia, v'era persona zelante e pia che s'incaricava di conservarle per tal giorno, ch'era un ricordo per noi fanciulli indelebile”.
Spettava poi a “un Rabbino “ la chiusura della festa, “con qualche parola di circostanza, e si cantavano finalmente inni e lodi all'Eterno”.
Il “seder di Tu Bishvat”, come descritto nel testo “Peri Etz Hadar”, delineante un vero e proprio “percorso” di benedizioni sulle varie specie e che prevede l'uso di vino rosso e bianco, non è quindi parte anche dell'uso storico labronico.
Al Rabbino Isidoro Kahn,zl, si deve l'averlo proposto a Livorno, piacevole momento di riflessione e conviviale, poi a fase alterne ignorato o recuperato.
In chiusura di questa nota un pensiero a Giorgio Ghelarducci, zl, più volte consigliere della Comunità, carissima persona, appassionato fotografo di tante cerimonie e frequentatore del Tempio disse una volta che a “Chamisciocioli” , altro nome della festività, usava mangiare due minestre.
Magari qualcuno ha ricordi o notizie circa questa originale usanza.
Gadi Polacco
Foto da www.rabbini.it